Francesco
Leone
M
13/03/1900, San Paolo del Brasile (), Brasile
23/05/1984, Vercelli (VC), Italia
Francesco Leone nacque in Brasile il 13 marzo 1900, ma in realtà verso la fine del 1899 perché passò qualche mese prima che il padre potesse recarsi a registrare la nascita del figlio. I genitori, Antonio e Caterina Molino, erano braccianti originari di Asigliano Vercellese, emigrati nella seconda metà degli anni ottanta, anni per i quali le cronache locali parlano di inverni terribili e mancanza di lavoro, e riferiscono di partenze di centinaia di famiglie dalle campagne della Bassa Vercellese, battute dagli agenti di emigrazione, incaricati di reclutare lavoratori da inviare soprattutto in Brasile.
Quando la famiglia tornò in Italia, le loro condizioni non erano molto cambiate, ma Leone poté, sia pure con molte difficoltà, frequentare le scuole e diplomarsi perito industriale a Biella. Era ancora studente quando si iscrisse alla Gioventù socialista; a 17 anni venne arrestato per la prima volta e scarcerato per le proteste dei proletari vercellesi. Tra l'aprile del 1918 e il marzo 1919 prestò servizio militare a Cuneo e, quando fu congedato, tornò alla politica attiva. Militante comunista dal 1921, diresse a Novara il settimanale "Il Bolscevico". Nello stesso tempo fu alla testa degli "Arditi del Popolo" a Vercelli e, quando nell'agosto del 1922, le squadracce fasciste assaltarono i democratici di Novara, li guidò nella difesa dalle camicie nere. Nel 1924 ecco Leone a Milano, nella redazione de "La voce della Gioventù". Convinto antifascista fu costretto ad emigrare in Francia dove si adattò a lavorare come sterratore; tornato successivamente in Italia lavorò a Milano come carpentiere edile; quando il suo partito lo mandò in Unione Sovietica frequentò per due anni l'Accademia militare a Leningrado.
Nella seconda metà del 1925 venne inviato in Italia, dove ricoprì l'incarico di segretario interregionale per la Lombardia e l'Emilia-Romagna e collaborò alla preparazione del III Congresso del partito, che si svolse a Lione nel gennaio successivo. Nel 1926 risiedette a Parigi: qui, oltre a svolgere attività politica come membro dell'esecutivo dei Gruppi comunisti italiani in Francia, non trascurò come sempre quella giornalistica, collaborando all' "Humanité" e assumendo secondo gli organi di polizia la direzione della "Riscossa" e (con lo pscudonimo di "Marini") del "Lavoratore Italiano".
Nel frattempo fu ricercato quale responsabile dell'omicidio di un fascista per i fatti di Novara del 1922; tornato in Italia per continuare ad operare nell'organizzazione illegale del partito, il 28 luglio venne sorpreso mentre ritirava alcuni pacchi di copie dello "Stato Operaio" stampato a Parigi e con in tasca le bozze di un suo articolo di fondo per l' "Unità" clandestina.
Dopo quindici mesi trascorsi a San Vittore e a Regina Coeli, il 26 ottobre del 1928 il Tribunale speciale lo condannò a sette anni e sette mesi di reclusione, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e a tre anni di libertà vigilata per appartenenza al disciolto Partito comunista, propaganda sovversiva e uso di documento d'identità falso. Scontata la pena in vari stabilimenti, riportando diverse punizioni per comportamenti contrari al regolamento carcerario, fino al 27 maggio del 1933, venne dimesso dal carcere di Civitavecchia, in seguito a provvedimento di amnistia, e tornò a Vercelli, stabilendosi dalla sorella. Quando fu scarcerato per amnistia, Leone raggiunse il Brasile, dove si impiegò come tecnico in aziende industriali e lavorò per "A manha", organo dell'Alleanza nazionale liberatrice di Luis Carlos Prestes, che verrà sconfitta dal dittatore Vargas.
Nel 1936, al momento della rivolta franchista, Leone si trovava a Parigi. Era stato infatti tra i primi ad accorrere in Spagna: all'inizio di settembre fu nominato commissario politico della centuria "Gastone Sozzi", costituita anche con il suo contributo nella caserma "Karl Marx" e inquadrata nella colonna "Libertad" del Partito socialista unificato catalano. Quando, coinvolta in sanguinosi scontri sul fronte di Madrid, a fine ottobre la colonna venne sciolta e i superstiti confluirono prima nel battaglione "Garibaldi" e successivamente nella XII Brigata internazionale, egli ebbe modo di confermare le sue doti di valoroso combattente: il 23 novembre, mentre guidava un assalto nel quadro delle operazioni di difesa della capitale, venne gravemente ferito e ricoverato in un ospedale di Barcellona.
Guarito, tornò in Francia, dove fu nominato segretario dell'Unione Popolare Italiana e fu redattore de "La voce degli italiani". Con l'occupazione tedesca della Francia, Leone finì per due anni nei campi di Vernet d'Ariège e di Les Milles, da dove evase. Ripreso a Tolone dalla polizia di Vichy, fu consegnato a quella italiana. Quando cadde il fascismo e Leone fu liberato e divenne uno dei principali dirigenti della lotta partigiana in Italia.
Col nome di copertura di Sandrelli, fu ispettore delle Brigate d'assalto Garibaldi e, in Toscana, al comando di due compagnie della Brigata "Lanciotto", fu tra i protagonisti della liberazione di Firenze.
Dopo la Liberazione venne inviato a Roma come vice responsabile dell'attività di stampa e propaganda del partito; nell'agosto del 1945 tornò a Vercelli, per organizzare la locale Federazione comunista, di cui fu il primo segretario, carica che ricoprì nuovamente negli anni cinquanta.
Fu membro del comitato centrale del Pci dal 1946 al 1960; nel V Congresso (29 dicembre 1945-6 gennaio 1946), ritenendo la base socialista unitaria, prese posizione a favore della creazione del partito unico della classe operaia e dei lavoratori.
Come membro della commissione Difesa nazionale e poi di quella per la Ricostruzione, fece parte della Consulta, su designazione del partito; venne quindi eletto all'Assemblea costituente e, nella prima legislatura della repubblica, fu nominato senatore di diritto, insieme ai costituenti condannati dal Tribunale speciale che avevano scontato più di cinque anni per la loro attività antifascista. A livello regionale fondò e diresse dal 1949 al 1952 "Il Contadino Piemontese", un periodico che si rivolgeva ai piccoli produttori agricoli, delle cui istanze si fece portavoce in parlamento e anche nel partito: nel corso della IV Conferenza nazionale (9-14 gennaio del 1946), intervenne nel dibattito sulla questione agraria, sostenendo la parola d'ordine del "controllo democratico dei monopoli" e la difesa degli interessi dei piccoli coltivatori.
Dopo essere stato sconfitto dal candidato democristiano nelle elezioni per il Senato del 1953 e dopo essere stato eletto alla Camera dei deputati nella terza legislatura per la circoscrizione Torino-Novara-Vercelli, riportando in provincia un numero di preferenze superiore a quelle dello stesso Togliatti, non partecipò alla tornata elettorale del 1963.
Nel 1970 chiuse anche la sua esperienza nel consiglio comunale di Vercelli, dove era stato presente per ventiquattro anni, costantemente eletto con altissimo numero di preferenze. Rimase membro del consiglio federale del partito, al quale tanto doveva, come ebbe a dire accomiatandosi dai suoi elettori nel 1963, e al quale non aveva mai lesinato generosi contributi. Uomo di vaste letture, continuò a coltivare la sua passione per il giornalismo, collaborando all' "Amico del popolo", il periodico della Federazione provinciale, che aveva fondato nel settembre 1945.
Leone si spense a Vercelli il 23 maggio 1984; Giancarlo Pajetta tenne l'orazione funebre e, tra i numerosi messaggi di cordoglio, non mancarono quelli delle organizzazioni partigiane toscane e del Partito socialista unificato della Catalogna.
Fonte: Francesco Rigazio, "Una biografia di Francesco Leone", in "l'impegno", a. XIX, n. 3, dicembre 1999;
www.anpi.it/donne-e-uomini/2107/francesco-leone.