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Profilo biografico: Guido Quazza

Guido Quazza M
14/06/1922, Genova (GE), Italia
07/07/1996, Cirié (TO), Italia
Coniugato
Guido Quazza nasce a Genova il 14 giugno 1922, terzo di cinque figli. Il padre Romolo, storico politico-diplomatico, a lungo insegnante nei licei - nel 1923 è a Mantova e dal 1930 al liceo Cavour di Torino - era passato all'insegnamento universitario, dapprima incaricato poi, nel 1939, ordinario di Storia del Risorgimento alla facoltà di Lettere dell'ateneo torinese. La famiglia paterna era originaria di Mosso Santa Maria, nel Biellese, mentre la madre Manina Capitelli apparteneva a una importante famiglia campana che annoverava tra i propri ascendenti un presidente del Parlamento napoletano nel 1848, Domenico, e uno tra i principali esponenti della Destra storica nel Mezzogiorno, il giurista Guglielmo Capitelli, sindaco di Napoli nel 1866, prefetto del Regno, insignito del titolo comitale nel 1869.
Guido frequenta a Torino il liceo Cavour, nel 1940 si iscrive alla facoltà di Lettere. Risalgono al periodo universitario i primi studi sul Piemonte sabaudo nell'Europa del Settecento e nel Risorgimento, condotti sotto la guida paterna e di Francesco Lemmi, pubblicati tra il 1942 e il 1943. Sfollato con la famiglia a Mosso dopo i grandi bombardamenti su Torino, ai primi di agosto del 1943 è chiamato alle armi dapprima a Rivoli al 30° fanteria; dal 6 settembre è in forza presso il 1° battaglione Allievi ufficiali alla caserma di Torre Spaccata a Roma, dove viene raggiunto dalla notizia dell'armistizio. Dopo una breve azione all'aeroporto di Centocelle, il reparto si dissolve al sopraggiungere dei tedeschi nella caserma, il giorno 11. Il giovane allievo risale fortunosamente la penisola lungo la costa adriatica, il 14 è nuovamente a Mosso Santa Maria. Pochi giorni dopo, con un piccolo gruppo di ex militari legati da rapporti di parentela e amicizia, raggiunge le baite del Camp in alta Valsessera, a qualche ora di marcia dalla casa paterna. Matura qui la decisione della partecipazione diretta alla lotta armata, mentre intraprende la redazione di un corso di storia europea e inizia la prima stesura del saggio "Origini e aspetti della crisi contemporanea", che verrà pubblicato a guerra conclusa. Alla fine del febbraio 1944 per evitare la cattura e possibili ritorsioni sui familiari - e per la distanza ideologica dalle formazioni garibaldine locali - decide di raggiungere la Val Sangone, dove il 25 febbraio si unisce alla banda di Nino Criscuolo stanziata presso la frazione Maddalena di Giaveno; qui dopo pochi giorni lo raggiunge il fratello Giorgio. Con quei gruppi partecipa intensamente alla guerra partigiana, dai combattimenti durante i rastrellamenti di maggio a quelli di novembre - durante i quali Giorgio è catturato e deportato a Mauthausen - e alle fasi organizzative che portano nell'estate 1944 alla costituzione della 43ª divisione autonoma Sergio De Vitis; nel gennaio 1945 è nominato comandante della brigata Ruggero Vitrani, alla testa della quale partecipa alle operazioni insurrezionali per la liberazione di Torino. Il giovane storico era venuto intanto maturando una concezione politica e ideale vicina ad un socialismo umanitario percorso da influenze mazziniane, e immediatamente dopo la liberazione aderisce alla Federazione giovanile socialista torinese. Dal maggio 1945 è tra i promotori del giornale della federazione "Rivoluzione socialista", al quale collabora come redattore storico-politico con Ugo Veneziani, Luciano Saffirio e Davide Franco. Il foglio non ottiene l'autorizzazione del Pwb alleato e esce per soli quattro numeri. La fine della guerra gli permette di concludere il cursus universitario: il 5 luglio si laurea presso la facoltà di Lettere presentando, già edito (1944) nella Biblioteca della Società storica subalpina, il saggio "L'equilibrio italiano nella politica europea alla vigilia della guerra per la successione polacca". La maturazione è rapida, attraverso una militanza politica guidata da una saldo principio etico e da una concezione dell'agire che non abbandona gli strumenti del metodo dello storico. Nel novembre dello stesso anno si iscrive al Psiup, nel 1946 è vicesegretario della federazione torinese, dopo il marzo è redattore con Saffirio del nuovo giornale "L'unità socialista", dal luglio è redattore per il Piemonte e vicedirettore di "Iniziativa socialista", il periodico della corrente socialista autonomista, dove si ritrovano Giuliano Vassalli, Mario Zagari, Rino Formica, Lucio Libertini e Sergio Garavini, tesa a «fondare un socialismo che fosse al tempo stesso libertario e socialmente rivoluzionario». Sempre nel mese di luglio è chiamato a dirigere l'Ufficio di studi socialisti, il centro di elaborazione e di ricerca fondato dal partito a Torino nel dicembre 1945 al fine di studiare le proposte di riforma della vita pubblica e dello stato; collabora assiduamente ai giornali socialisti, "Sempre Avanti" e "Critica sociale" soprattutto; è candidato alle elezioni comunali a Torino nel novembre 1946. Nel gennaio 1947 al congresso di Roma del Partito socialista è portavoce della corrente riunita nella "Mozione operaia autonomistica e unitaria" che, dopo aver tentato una mediazione per evitare la frattura, confluisce con il gruppo di "Critica sociale" di Giuseppe Faravelli nel Partito socialista dei lavoratori italiani, uscito dalla scissione guidata da Giuseppe Saragat. Nella nuova formazione politica è membro della direzione nazionale e il 7 giugno viene eletto segretario della federazione torinese; partecipa con Umberto Calosso alla direzione di "Mondo nuovo". L'attività politica è intensa, tra campagne elettorali - è candidato alla Camera nel 1948 - comizi, conferenze, contraddittori sulle piazze, ma sempre più si riducono gli spazi per un progetto politico volto alla creazione di una "terza forza" lontana sia dall'alleanza organica con i comunisti sia dai partiti conservatori, portatrice di profonde riforme della società e dello stato: la contrapposizione tra il blocco occidentale e quello sovietico, la sconfitta delle sinistre nelle elezioni del 1948, la posizione filoatlantica del partito e l'appoggio al governo centrista della Dc si accompagnano a una prassi politica lontana dalla concezione che aveva animato le sue scelte. Non solo il 19 maggio 1949 si dimette dalla carica di segretario provinciale, ma l'intervento al congresso provinciale degli autonomisti del Psi per l'unificazione delle forze socialiste, nel novembre, gli vale la formale estromissione dal partito. Partecipa alle vicende che portano alla costituzione del Partito socialista unitario (per il quale redige il manifesto con Giacomo Noventa, gennaio 1950), e pur respingendo la proposta di assumere la segreteria provinciale torinese, farà parte dell'esecutivo e sarà candidato alle elezioni amministrative dell'aprile 1951, in forza del rifiuto della federazione locale dell'apparentamento con la Democrazia cristiana. Ma lo storico percorre ora altri terreni, peraltro mai abbandonati. Già nel giugno 1948 ha ottenuto la libera docenza in Storia del Risorgimento e dal dicembre ha iniziato i corsi presso la facoltà di Lettere dell'ateneo torinese (li terrà sino al 1957), ha cominciato a seguire tesi e esami con Walter Maturi e Giorgio Falco; nel 1949 è presidente di commissione per gli esami di maturità all'Istituto magistrale di Novara. Contemporaneamente vince il concorso per l'insegnamento negli istituti superiori, in base al quale, nell'ottobre, è titolare di storia e filosofia presso il liceo scientifico di Vercelli. Nello stesso mese sposa Marisa Piola, che inizierà con lui - e porterà a termine dopo la sua scomparsa - l'imponente edizione dell'Epistolario di Quintino Sella. Non cessano comunque forme di impegno più propriamente politico e organizzativo: al 1950 risale la collaborazione con la Federazione nazionale insegnanti scuola media, in qualità di membro della giunta esecutiva nazionale, agli anni precedenti quella con il Movimento federalista europeo e poi con il Movimento Comunità di Adriano Olivetti. Nel 1952 è tra i fondatori (tra gli altri, con G. Noventa, Paolo Serini, Domenico Riccardo Peretti Griva, Paolo Greco) dell'associazione La Consulta, nata a Torino per la difesa dei valori resistenziali. Nel 1953 collabora con Unità popolare in occasione delle elezioni politiche. L'insegnamento, interrotto da incarichi nelle commissioni di concorso per le cattedre negli istituti superiori, lo porta poi, tra il 1956 e il 1958, al liceo classico di Carmagnola. Prosegue intanto i corsi presso l'università di Torino, di Storia moderna alla facoltà di Scienze politiche (1957-1963) e alla facoltà di Giurisprudenza (1957-1962), di Storia economica alla facoltà di Economia e commercio (1960-1962). Su consiglio di Maturi, partecipa nel 1950 al concorso per un "distacco" di studio presso l'Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea, diretto da Federico Chabod e presieduto da Gaetano De Sanctis. In questa posizione rimarrà fino al 1954, dividendosi tra Torino e Roma e perfezionando in quegli anni il percorso verso la piena maturazione scientifica. Già alla metà del 1949 aveva sottoposto all'editore Einaudi il dattiloscritto della prima importante opera storiografica, "La lotta sociale nel Risorgimento" (il volume uscirà nel 1951 per i tipi di Coggiola), dove erano confluiti, rielaborati, scritti pubblicati negli anni precedenti; nel 1957 pubblica "Le riforme in Piemonte nella prima metà del Settecento", opere che con la successiva (1961), "L'industria laniera e cotoniera in Piemonte dal 1831 al 1861", gli varranno la cattedra di Storia medioevale e moderna nel febbraio 1963 presso la Scuola normale superiore di Pisa, dopo aver vinto il concorso (dicembre 1962) e una iniziale chiamata per la stessa cattedra all'Università di Urbino. Nell'ottobre 1964 ottiene la cattedra a Torino, docente straordinario di Storia alla facoltà di Magistero; dal 1966 è ordinario. Il ritorno a Torino coincide con un nuovo impegno politico-culturale in un clima ricco di fermenti sociali; direttore dell'Istituto di Storia della facoltà - che diviene sotto la sua guida uno dei principali centri di ricerca contemporaneistica - progetta e dirige la serie dei "Seminari di storia contemporanea", cicli annuali di conferenze su temi politico-storiografici aperti al pubblico che affolla la Galleria d'arte moderna di Torino. Il seminario proseguirà per quindici edizioni dal 1965 al 1979, organizzato con il Circolo della Resistenza, del quale assume la presidenza nel febbraio 1966 per reggerla fino al marzo 1980. Nell'aprile 1966 è nominato socio dell'Accademia delle Scienze. Il 27 giugno1967 è eletto preside della facoltà, incarico che manterrà per ventisette anni e che sarà segnato da una appassionata opera di rinnovamento dell'insegnamento universitario, investito dalla contestazione giovanile e studentesca: i seminari interdisciplinari fondati sul rapporto ricerca-didattica e sul libero lavoro di gruppo fra docenti e studenti restano per quegli anni un esempio delle nuove metodologie, rimeditate nel volume "Piani di studio". Un'esperienza al Magistero di Torino (1970). Sono questi gli anni dove scuola, politica e storia, coerentemente ad una concezione di autonomia dai partiti e all'attenzione alle istanze "dal basso" sono collegate in un unico progetto. Abbandonata la condirezione della "Nuova rivista storica" - tenuta tra il 1966 e il 1970 - fonda e dirige la "Rivista di storia contemporanea" che vede la luce nel 1972. Nell'aprile dello stesso anno succede a Ferruccio Parri alla presidenza dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, imprimendo sul piano storiografico e culturale una svolta nella vita dell'Istituto. La già ricordata presidenza del Circolo della Resistenza e, in maggior misura, la guida del Comitato unitario antifascista torinese rappresentano il terreno per una nuova fase di militanza politica: tra il 1973 e il 1978 il Comitato da lui costituito è un esempio di organismo aperto alla partecipazione dei movimenti politici e sociali nati dai rivolgimenti del Sessantotto. Sarà anche l'ultima stagione della militanza in un progetto politico che vede sempre più ridursi gli spazi di intervento e di autonomia critica nel mutato clima del "compromesso storico" e dell'emergere dei fenomeni del terrorismo. Nel 1976 pubblica la sua maggiore opera di contemporaneista, "Resistenza e storia d'Italia", ma sono questi gli anni dedicati a un'intensa e feconda attività di organizzatore culturale principalmente quale presidente e animatore della rete degli Istituti della Resistenza, e della prosecuzione di una puntuale azione per la riforma dell'università e dell'insegnamento: promuove, sempre nel 1976, la creazione del Comitato interuniversitario (Università e Politecnico) per l'aggiornamento degli insegnanti, che trasformerà nel 1986 nel Centro interdipartimentale per l'aggiornamento e la ricerca didattica; nel 1990 presiede la Commissione nazionale per la riforma della facoltà di Magistero. Nel 1992 pubblica la sua ultima opera, "L'utopia di Quintino Sella. La politica della scienza". Le condizioni di salute lo costringono a limitare le molteplici attività: nel maggio del 1994 rinuncia alla candidatura per un nuovo triennio di presidenza della facoltà. Si spegne nei pressi di Torino il 7 luglio 1996.


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Quazza Guido

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Luciano Boccalatte
18/12/2007 05/02/2016
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Ultimo aggiornamento: mercoledì 30/1/2019