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Intervista a Maria D.
Maria D., nata nel 1922 a Dignano d'Istria. Lascia Dignano nel 1947 e dopo una breve sosta a Trieste, raggiunge il campo profughi di Padova dove resta pochi giorni. Da qui si trasferisce a Moriago, prima di arrivare nel 1950 ad Asti, dove vive tutt'ora ed è stata intervistata il 13 dicembre 2007. Intervista e trascrive Enrico Miletto.
1) Le chiedo innanzitutto un po' di dati anagrafici: dove e quando è nata?
R.:"Dunque, io son nata a Dignano d'Istria il 1° ottobre del 1922".
2) Può parlarmi della sua famiglia di origine: quanti eravate, cosa facevano i suoi genitori?
R.:"Eravamo in quattro: mia madre, mio papà, la mia defunta sorella e io. Noi avevamo un oleificio, in più avevamo delle terre e la casa, e purtroppo quando è arrivato poi Tito, tutto è cambiato."
3) In che senso?
R.:"Eh, perché...Allora, sono arrivati e han detto a mio zio... Noi eravamo già andati [via], io per prima, son partita e son andata a Trieste, dopo di me è venuto mio papà ed ultima mia mamma, perché tentava di portar via il più possibile, ma invece è venuta via con la valigia, perché non c'era niente da prendere più. Poi io sono andata a Trieste e poi mia sorella, siccome era antifascista, l'hanno portata in Germania. E' stata ben trattata perché era una ragazza, e invece che metterla in prigione l'han messa presso una famiglia che stava anche bene. E, così..."
4) La sua famiglia era quindi contadina?
R.:"Si, eravamo possidenti. Mio papà aveva sempre uno, un croato che veniva non so da dove a fare il servitore. Avevamo l'olio."
5) Lei riesce a descrivermi com'era Dignano? Era un paese di contadini oppure c'erano anche delle fabbriche?
R.:"Si, c'era delle fabbriche, cioè la gente andava a Pola, e molti lavoravano in un opificio che lavoravano le tute per i militari. C'era anche mia mamma lì che lavorava, poi c'era la Fabbrica Tabacchi, che facevano i sigari. Poi contadini, il resto."
6) E da un punti di vista della composizione della popolazione com'era Dignano?
R.:"Italiana, tutta italiana, gli slavi erano dei dintorni. Erano fuori, si, si."
7) E tra italiani e slavi c'erano dei contatti? Com'erano i rapporti?
R.:"Si, erano buoni, buoni. Perché noi avevamo l'oleificio, e venivano fuori dalla campagna, anche lontano, e facevamo la spremitura delle olive. Si faceva l'olio, dormivano lì nell'oleificio e poveretti, si portavano da mangiare. Erano brave persone."
8) E secondo lei come mai dopo questi rapporti si sono guastati?
R.:"Poi sono arrivati i fascisti. E, guardi, coi fascisti! Sono arrivati i fascisti e poi i tedeschi... Mi ricordo benissimo che hanno preso un fascista, e l'hanno trascinato con la corda dietro a un carro finchè l'han fatto morire. Mi ricordo quel povero macellaio, questo qui. Non voglio neanche ricordare quella sera che c'era questo qui che ha passato tutto il paese, questo poveretto che era bell'è morto attaccato dietro. Eh, guardi: quello che han fatto i fascisti, gli slavi e i comunisti... Tutti han fatto le sue!"
9) E questo, mi scusi, chi l'ha fatto?
R.:"Gli slavi."
10) Ho capito. Ma invece quello che il fascismo fa nei confronti dell'elemento slavo, non so ad esempio il divieto di parlare slavo nei luoghi pubblici [mi interrompe]...
R.:"Ah, io non sapevo una parola! Mia madre l'aveva imparato, perché vendevamo l'olio alle persone da fuori che non sapevano neanche parlare italiano e allora lei si arrangiava. Ma... Un giorno una persona mi fa: ma possibile che tu non sai [il croato]. Ma io sono italiana e vado a imparare il croato!? No, no."
11) Quindi, mi scusi se insisto su questo tema, che ricordi ha del fascismo?
R.:"Ricordi del fascismo... Che io dovevo andare in divisa, e presentarmi con tutta la famiglia in divisa, in piazza, quando c'erano i discorsi di Mussolini. In divisa... Poi quando sono arrivati gli jugoslavi abbiam bruciato la divisa, perché se la trovavano, guai! L'ho bruciata subito, perché andavano poi per le case a visitare, a curiosare e a sentire."
12) Mi ha parlato anche dei tedeschi, prima.
R.:"I tedeschi... Siccome mio papà e mio cugino non erano fascisti, ma erano antifascisti, una notte suona il campanello [ed erano] i tedeschi, che volevano portarli via. Sono scappati, son passati dalla finestra, poi avevamo un terrazzo e un cortile e sono andati in un grande orto, che era due volte - anche tre - la piazza del palio. Son scappati e loro volevano sapere dov'erano. Mia mamma tremava, povera donna, ma aveva tanto coraggio. Poi un bel giorno suona il campanello e arrivano i tedeschi che dicono: signora, lei deve venire con noi. Mia mamma: io? Dunque, noi avevamo una scala, dalla scala si andava sul terrazzo e c'era una cisterna, quelle che raccoglievano l'acqua piovana. Allora mia mamma si toglie il grembiule e dice: prima di venire con voi, mi butto dentro! Allora l'han lasciata. Mia mamma si faceva coraggio."
13) Suo cugino e suo papà erano antifascisti. Ma sono andati in bosco?
R.:"Si. Mio papà con mio cugino sono andati in bosco, e mia cugina ed io, durante il giorno con la bicicletta - anche con mia sorella - portavamo da mangiare. Guardavamo a destra e a sinistra che non ci fosse nessuno, con la borsa sulla bicicletta e andavamo. Eh... E poi senta questa. C'era uno, si chiamava Lazlo, era non greco, macedone, o forse serbo, non mi ricordo. Ma era una brava persona. E poi mio papà lo volevano portare via, mio papà col guardiacaccia. Li avevano presi, legati col fil di ferro, portati sulla corriera, che allora c'era la corriera. Allora mio papà apre il finestrino prima di partire e fa: viva l'Italia! Mamma mia... poi li han portati via - non so dove l'avessero portati- e io sono andata intanto a Pola da questo signore che conosceva mio papà e mio zio a chiedere se intanto poteva fare qualcosa. Guardi, avevo un vestito rosso, tutto a pois, rosso e bianco, e a forza di andare in bicicletta Dignano - Pola, mi si erano bruciati tutti i puntini sulle spalle, mamma mia quante corse ho fatto! Poi, finalmente, non li hanno buttati nelle foibe, perché lì allora buttavano in foibe, eh!"
14) Perché lo avevano preso suo papà?
R.:"Eh, chissà perché, forse perché voleva l'Italia. Una cosa, guardi..."
15) Se le chiedessi invece quali sono i suoi ricordi della guerra. Non so, ad esempio gli aerei, i bombardamenti...
R.:"Mio papà e mio zio avevano fatto un bunker. Avevamo un grande orto, e lo avevano fatto nell'orto, lì. Che quando arrivavano gli aeroplani che andavano a bombardare, si sentiva fino da Ancona quando bombardavano! Che noi andavamo sotto lì, mettevamo un po' di fascine e quando cessava l'allarme uscivamo. Dignano non l'han bombardata, ma Pola si. Uh, Pola! Perché c'era l'Arsenale, la Marina, c'era un mare di cose. Eh..."
16) Lei aveva l'oleificio, quindi durante la guerra non penso abbia patito la fame...
R.:"No, no."
17) Ecco, ma si ricorda se c'era la borsa nera, se c'erano i cambi?
R.:"Ma, borsa nera... C'era gente che veniva da Pola a Dignano e cambiavano. C'era uno che veniva con le uova: portava tante uova e voleva l'olio. Si davano delle cose in cambio... Ma tutti a Dignano si arrangiavano, avevano la campagna e a cambiare venivano da Pola, dalla città."
18) Lei prima mi parlava delle foibe. Voi eravate a conoscenza delle foibe, oppure lo avete saputo dopo?
R.:"No, dopo. Quando arrivavi nella foiba eri finito, perché la foiba andava a finire in mare. Noi non lo vedevamo quelle foibe, perché erano distanti da noi. Noi non le conoscevamo, lo abbiam saputo dopo."
19) Lei ad esempio quando l'ha saputo?
R.:"Eh, dopo che è finita sta guerra abbiam saputo che c'eran ste foibe. Tutti poi andavano a vederle, ma io no, mai."
20) E come ve le raccontavano queste foibe?
R.:"Eh, che c'era un buco che andava dentro e poi via: se si salvava si salvava, ma non poteva salvarsi se non c'era uno che lo tirava su."
21) E a Dignano tanti sono andati in foiba?
R.:"Eh, diversi da noi. Tanti che non son più tornati."
22) Ma se io le chiedessi come mai, secondo lei, la gente andava in foiba?
R.:"Eh, chi lo sa perché. Penso perché tutta sta gente... non lo so io perché".
23) Parliamo ora dell'esodo. Lei quando è partita?
R.:"Io sono partita nel '44, e sono andata a Trieste da amici di mio papà. Mi sono fermata e andavo e venivo, poi hanno chiuso i confini e non sono più andata. C'era un vigile del fuoco di Pola che mi portava il pane, che mia mamma mi mandava il pane. Perché di pane così... Perché là c'era la tessera. Sono stata lì a Trieste, poi ho saputo che avevano portato via mia sorella e andavo al Coroneo a trovarla e via. Poi mia sorella è andata in Germania assieme a mia cugina, e via. Poi anche mia cugina è tornata. I tedeschi l'hanno portata. Pensi che [c'] era un tedesco che veniva da noi, e mia mamma gli aveva detto: mia figlia è in Germania a Daghenfur. E lui le ha detto: io sono di là signora. Poi un giorno le ha detto: io vado. [Allora mia mamma] gli ha detto: posso darle un pacchetto per mia figlia? Si, si. Lo sa che glielo ha portato intatto? Il tedesco... Con tutta la fame che c'era. Mia sorella poi ha scritto che lo ha ricevuto. Strano eh? Con la fame, consegnare tutto. Eh, poveri noi!"
24) Lei va a Trieste nel 1944. Ma parte con suo papà?
R.:"Son partita prima da sola, poi mio papà mi ha raggiunto. Io sono andata in casa di questi amici, e poi quando è arrivato mio papà abbiamo trovato una stanza da una signora che era sola e ci ha affittato là. Poi ultima è arrivata mia mamma con la valigia, che non poteva portare più, che non poteva portare via niente, poveretta!"
25) Ecco, lei riuscirebbe a dirmi le date?
R.:"Mio papà è arrivato dopo la guerra, mia mamma ultima, nel '47, quando hanno chiuso i confini. E poi alcuni venivano di contrabbando, nascosti. Mio papà ha fatto venire uno, e aveva pagato i guardiani, gli ha dato dei soldi per far venire nascosto questo qui, Che poi è anche morto!"
26) Sua mamma porta con sé molto poco. Per quale motivo?
R.:"Eh, perché non poteva portare niente! Noi abbiamo lasciato tutto là. In ultimo è arrivato mio zio, che allora gli slavi gli han detto: se le vuole restare qui - perché noi avevamo l'oleificio assieme con lui - deve stare come direttore. Come, da padrone a direttore? No, no, vado via. Loro - mio zio con la zia- sono andati a Udine. E poi abbiamo fatto la domanda per i beni abbandonati e devono ancora darci adesso dei soldi!".
27) Si ricorda come è arrivata sua mamma?
R.:"In treno, da Dignano fino a Trieste. E io ho viaggiato in treno, nel vagone degli animali, insieme ad altra gente. E allora il treno ogni tanto si fermava, ma non in stazione, e allora uno gli scappava la pipì: giratevi di là! Mamma mia che roba! E ogni tanto ci fermavano sti slavi, venivano a guardarci, a chiederci, e io avevo una paura... E vabè, oramai."
28) Da Dignano è andata via tanta gente?
R.:"Eh, tanti, si, si. Specialmente con l'ultimo esodo. Che c'era la nave a Pola... L'ultimo esodo è stato a febbraio del '47, la nave era stracolma, poi hanno chiuso i confini e tutto, via."
29) Sua mamma che è stata l'ultima a partire, le ha mai raccontato che atmosfera si respirava a Dignano, se c'era tanta gente che partiva?
R.:"Ah, si, si, tanti. Ma dopo tanti anni... Perché volevano andare via per non stare con loro."
30) Della sua famiglia sono andati via tutti o qualcuno è rimasto?
R.:"No, no, tutti."
31) E se io le chiedessi il perché siete partiti?
R.:"Eh, per non stare sotto loro! Italiani, noi stiamo con loro che parlavano croato e facevano finta di non sapere l'italiano? E mio zio diceva: parla l'italiano, che lo sai! Eh, guardi!"
32) C'è però anche stata una parte di persone che è rimasta. Secondo lei perché?
R.:"Eh, chi lo sa? Non volevano forse lasciare la loro casa, le loro terre. Forse anche perché non sapevano dove andare, chissà. Ci sono tanti motivi."
33) Lei a Trieste stava a casa di amici di suo padre...
R::"Si, a casa di amici di mio papà. Poi quando è arrivato mio papà, c'era una signora - non mi ricordo in che piazza - che affittava, e siamo stati lì qualche mese. Poi siamo andati a Padova."
34) In campo profughi?
R.:"Beh, io sono arrivata in campo profughi a Padova, ci ho dormito una notte con mio papà. Poi avevamo delle amiche a Padova e siccome loro affittavano a studenti - perché lì c'era l'Università- siamo andati da loro. E in quell'anno mio papà ha trovato un maresciallo che era militare là da noi, che ci ha detto: venite a casa mia. E siamo andati in provincia di Padova, tra Padova e Venezia, a Moriago. E siam stati là, poi è arrivata mia mamma, che è arrivata per ultima. Poi abbiamo fatto una casetta alla malcontenta, e siam rimasti là. Poi io mi son sposata, è nata mia figlia e poi via, siamo arrivati ad Asti. Ah, poi, quando siamo arrivati là abbiamo fatto la casa con un pezzo di terreno, ho conosciuto mio marito ma cosa facevamo lì? E allora poi siamo venuti ad Asti. Perché dove eravamo noi, c'era un bar e un ristorante, che il proprietario aveva la moglie malata, era con la figlia. E sta moglie aveva un tumore. E poi aveva un cane lupo grosso così, che era sempre dietro il banco e aveva perso tutti i clienti. E allora ci han detto: prendete quello lì. Siamo andati lì - era di un avvocato questo locale - e abbiam fatto tanti anni là dentro."
35) Ma questo dove, a Padova o ad Asti?
R.:"Ad Asti."
36) In che anno siete arrivati ad Asti?
R.:"Ah, sarà il '50."
37) E posso chiederle come mai proprio Asti?
R.:"Eh, si, appunto, perché c'era questo maresciallo che ci ha detto: guardi che c'è un locale lì ad Asti, che [il gestore] ha la moglie ammalata, e se volete prenderlo lì... Ci siam rimboccati le maniche e l'abbiamo preso. Ci alzavamo la mattina alle cinque, perché c'erano gli operai - allora c'erano gli operai che andavano a lavorare -, l'unico bar che era aperto eravamo noi e allora si lavorava, e mio padre diceva: al mattino presto si riempie il cassetto, e aveva ragione! Poi stava fino all'una. Poi avevamo anche il ballo e il ristorante, che mia mamma era brava a fare da mangiare. E arrivavano sempre dei francesi, tutti gli anni arrivavano gli stessi francesi perché li trattavamo bene. Perché mia mamma non faceva mai pagare il coperto - loro dicono il pane -, e loro venivano. Poi mia mamma era brava a far da mangiare. E poi bisognava saperci anche fare. Che magari dietro il banco arrivava un ragazzino che prendeva una caramella che magari costava cinque centesimi, e mio papà - che era un po' sordo - diceva: non ho sentito ringraziare! Si papà, abbiam detto grazie!".
38) Lei prima mi diceva di essere stata una notte al campo profughi a Padova. Mi racconti un po' questa esperienza, cosa ricorda?
R.:"Eh, sti letti... No letti, brande... E chi dormiva, come facevi a dormire! Poi passava uno di notte ad ispezionare, che io lo chiamavo padre perché aveva un berretto da frate e invece non era prete. Poi sono andata in casa di queste signore."
39) Ecco, ma si ricorda le camere del campo, se erano divise, se erano separati uomini e donne...
R.:"No, tutto aperto lì, tutto aperto! Tutto aperto, con ste brande... Siamo stati poco, poveretti! Sono state tre o quattro notti, e poi siamo andati a Moriago, tra Venezia e Padova."
40) Lei arriva ad Asti nel 1950 e rileva questo locale. Dove va ad abitare?
R.:"Sempre là nel locale. Era in corso Dante."
41) Lei mi saprebbe dire se qui ad Asti oltre alla sua famiglia ci fossero altri giuliani, e in che numero (cioè tanti o pochi)?
R.:"Si, c'era un'amica di mio papà, che anche loro venivano da Dignano, con la moglie e non avevano figli, lui era già pensionato. Poi c'erano i P. che son venuti dopo, ma non ce n'erano tanti."
42) E queste persone erano accolte ed alloggiate in particolari strutture, oppure andavano a vivere in case private?
R.:"No, no, in case private, eh si."
43) E queste persone godevano di qualche assistenza da parte del comune oppure di altri enti?
R.:"No, no, bisognava arrangiarsi! Bisognava sapersi arrangiare."
44) Parliamo un po' dell'accoglienza che avete ricevuto una volta arrivati qui in città...
R::"Uh, aspetti che le dico! Dopo un po' che abbiamo questo bar, arriva un vigile - ma non in divisa, era in borghese -, e dice a mia mamma: ah, voi siete venuti a mangiare il nostro pane! Mia mamma esce dal banco, si toglie il grembiule e gli dice: guardi che il pane ce lo guadagniamo noi, ha capito? E lui se n'è andato; mia madre non le mandava a dire! Poi avevamo il ballo: sabato e domenica. E alla sera si ballava, c'era i tavolini con le luci, c'era i camerieri, ma avevamo una strega, che aveva il terrazzo proprio che comunicava con il nostro. E tutte le volte, guardi, una volta che erano passati cinque minuti dopo l'una chiamava la polizia. E una volta ci ha fatto anche chiudere per una settimana! Diceva che davamo fastidio: non so, era una domenica, e il cantante forse aveva cantato una canzone in più dopo l'una. Guardi, tanta cattiveria."
45) Ma quindi, se lei dovesse dire, c'è stata una buona accoglienza?
R.:"Eh, questo vigile che poi mia mamma l'ha fatto scappare. Ma noi poi ci sapevamo fare, che passata la parola eravamo sempre pieni di gente. No, grazie al cielo abbiamo lavorato. Ma nei locali bisogna saperci fare: gentili, buon giorno, grazie, buona sera. Avete salutato, avete ringraziato? Ma si papà... No, no, per quello, no. Soli il vigile, poi basta. Si, qualcuno era un po' geloso per via di sto bar, poi invece ci hanno accolto bene, avevamo poi anche una buona clientela. Da dove venite [ci chiedevano]? Dall'Istria. Ah, dalla Jugoslavia. No, dall'Italia, non dalla Jugoslavia, ma dall'Italia, che l'Istria era italiana."
46) Lei ha sempre gestito questo ristorante?
R.:"Si, si, ho sempre lavorato lì."
47) Anche suo marito?
R.:"Si. Lui era veneto. Poi lui è andato a lavorare alla Centrale del latte, e mio cognato era ispettore dell'INAIL, adesso è in pensione."
48) Secondo lei le persone avevano un'idea di ciò che vi era successo?
R.:"No, no, se glielo dicevamo si, se no no."
49) Ad Asti sono state costruite delle case per voi esuli? Non so, penso ad esempio all'INA Casa...
R.:"L'INA CASA, si , qua. L'hanno data a me perché ero profuga. Ho fatto domanda e me l'han data."
50) Si ricorda in che anno?
R.:"No, non mi ricordo mica."
51) E ad Asti ci sono solo queste case di corso Volta?
R.:"No, ce n'è qui dietro, ma poi basta. Che sappia io no."
52) E in queste case c'erano i giuliani?
R.:"No, ci sono solo io qua. Poi c'era la signora F., che però è morta, non c'è più."
53) Le faccio ancora due domande. Lei è più tornata a Dignano e se lo ha fatto cosa ha provato?
R.:"Si, due anni fa. Ho visto la mia casa e mi è venuto il magone. Ho visto tanta desolazione: tutti vu' cumprà, tanti extracomunitari, la mia casa occupata che non ho avuto neanche il coraggio di entrare...No, no. Avevamo un orto grande due volte piazza del palio, e adesso l'han diviso e ci son le case."
54) Lei ha nostalgia dell'Istria?
R.:"Eh, si, un po' di nostalgia si, ma tanto mi è passata, perché ho visto che non c'è niente da fare. Tanto indietro non si torna! No, no, oramai."
55) L'ultima domanda che le faccio è questa. Lei ha mai raccontato ai suoi figli o ai suoi nipoti la sua storia, le vicende che l'hanno portata a lasciare Dignano?
R.:"Ma, qualcosa così si: cosa avevamo, come mai siamo andati via. Un po' le racconto. Torno indietro, ma tanto oramai..."
13/12/2007;
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