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CARTACEO: Intervista a Giuseppe S.

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Intervista a Giuseppe S.
Intervista a Giuseppe S., nato nel 1946 a Rovigno d'Istria, da dove parte con la famiglia nel 1947. Arrivato in Italia, dopo una breve sosta nel Centro Raccolta Profughi di Opicina, inizia un lungo pellegrinaggio che lo porta insieme alla famiglia nei centri di raccolta di Civitavecchia e Vibo Valentia e, infine a Cava dei Tirreni prima di arrivare ad Asti. L'intervista è rilasciata ad Asti il 10 marzo 2008. Intervista e trascrive Enrico Miletto.
1) Le chiedo innanzitutto dove e quando è nato...

R.:"A Rovigno d'Istria, il 17 novembre del 1946".

2) Può parlarmi della sua famiglia di origine: cosa facevano i suoi genitori, quanti eravate...

R.:"Mia mamma lavorava alla Fabbrica Tabacchi, faceva le sigarette proprio in Rovigno d'Istria. Mio papà [era] pescatore."

3) Eravate una famiglia numerosa?

R.:"Insomma, come parentela ne avevamo abbastanza... Io ho ancora una sorella che è nata a Rovigno d'Istria, e altre due sono invece nate a Cava dei Tirreni."

4) Lei probabilmente non se la ricorda, ma le hanno raccontato com'era Rovigno da un punto di vista economico, sociale....

R.:"Io le posso dire tutto... E' una città bellissima, perché siamo andati anche in ferie... Siamo andati cinque o sei anni in ferie, puoi capire! Noi eravamo poveri: mia mamma lavorando alla fabbrica che faceva le sigarette e mio papà pescatore, quindi non è che eravamo proprio nell'oro, eh!"

5) E la gente a Rovigno di cosa viveva?

R.:"Di pesca, di pesca, tutto di pesca. Allora si, [erano] tutti pescatori, e quelle poche che lavoravano alla Fabbrica Tabacchi. E poi c'era la Mirna, che faceva pesce in scatola: tonno, pesce in scatola, sardine in scatola. Mirna si chiamava, adesso non c'è più. Cioè, praticamente erano due o tre fabbrichette che lavoravano e, mi ricordo adesso, i pescatori prendevano sarde e sardine e le portavano alla Mirna di Rovigno".

6) Da un punto di vista della composizione della popolazione com'era Rovigno?

R.:"Ma, allora erano tutti italiani, perché poi dopo è passato sotto la Jugoslavia. Anzi, siamo più italiani noi a confronto di tanta altra gente."

7) Le ho fatto questa domanda perché volevo sapere com'erano i rapporti tra italiani e slavi...

R.:"Ma, quello non glielo so dire, però a sentire i miei erano tutti italiani. Poi dopo, andando avanti, son venuti i croati, che adesso lì è Croazia".

8) I suoi genitori le hanno raccontato qualcosa degli anni della guerra?

R.:"Mia mamma non tanto, più che altro mio papà. Mio papà che aveva suo papà, praticamente mio nonno, che al tempo dei fascisti è stato poi fucilato. Fucilato alla schiena, addirittura. Poi mio papà ha fatto anche il partigiano: era partigiano mio papà. Però suo padre è stato ammazzato: lo hanno arrestato per tante cose, io non so, son cose che uno non si ricorda. E' stato arrestato che c'erano i fascisti e gli han detto: vai che sei libero e come ha girato le spalle gli han sparato."

9) E non si ricorda il perché lo avevano arrestato?

R.:"Ma, perché era anti loro [antifascista], diciamo. Comunque allora - lo ricordo benissimo perché lo diceva mio papà -, quando c'era le SS, i tedeschi, che se lei ha visto Rovigno sa che ci sono tutti quei ciottoli e quelle pietre per terra, che quando li sentivano da lontano si chiudevano tutti in casa: li sentivano da cento - duecento metri che arrivavano e si nascondevano tutti."

10) Posso chiederle se si ricorda dove suo papà ha fatto il partigiano?

R.:"Eh, quello non lo posso dire. So che faceva il partigiano, che si nascondeva e con non ha sparato un colpo! Eh, le dico la verità, perché è vero: quante volte lo diceva papà! Mi nascondevo e neanche un colpo [ho sparato] !"

11) Del fascismo suo papà cosa le ha raccontato?

R.:"No, a sentire mio papà parlavano tutti liberamente. Che poi, oltretutto, mio papà veniva anche...Suo papà e sua mamma erano anche contadini, quindi avevano un pezzo di terra, avevano le olive, poi invece mio padre faceva proprio il pescatore... Però no, non mi ricordo, sul fascismo [non mi] ha raccontato niente. Ma tanto [il fascismo] sappiamo com'era! Sotto Tito, poi, puoi capire!"

12) Ecco, parliamo di Tito...

R.:"Sotto Tito non vedevano l'ora di andare via, e difatti siam scappati tutti. Siam scappati... Son scappati loro, i miei."

13) Sotto Tito - e lo sa meglio di me - si scrive una pagina triste per l'Istria, e cioè quella della foibe. I suoi genitori ne erano a conoscenza, sapevano che esistevano e a lei le hanno mai raccontato qualcosa di queste vicende?

R.:"Delle foibe? Si, si. Lo so che lo sapeva; sapeva anche lui che buttavano giù sta gente e quelle cose lì. Che poi, oltretutto, le foibe - adesso che io posso capire- prima di Rovigno c'è un canale, il Canale di Lemie, e lì sopra ci sono delle foibe e venivano usate, li buttavano già giù. Cioè io dico quello che diceva mio padre che lo sapeva, eh!"

14) Parliamo di Tito. Nel senso che lei prima mi ha detto che i suoi genitori non vedevano l'ora di andare via. Ecco, posso chiederle quando siete partiti?

R.:"Dunque, faccia il conto: io sono del '46, e son venuto via che avevo otto mesi, nel '47. Erano i primi di novembre del 1947. Che siamo andati a finire al campo profughi di Trieste, che non mi ricordo più se era a Opicina, ma non lo so. Perché io l'altra volta per telefono le ho detto Sistiana, ma mi son sbagliato, perché Sistiana e in basso. [Invece] io mi ricordo che mio papà mi diceva che da là sopra si dominava tutto il Golfo di Trieste, e non so se era Opicina. Comunque siamo andati a finire lì e siamo stati nelle baracche, che con noi lì c'era anche mia zia che poi è andata a Grado. Aspetti che adesso vuole dire qualcosa mia moglie..."

M.:"Ecco, questa cosa mi è venuta in mente delle baracche e della vita che han fatto. Questa zia mi diceva - mi ricordo - che la cosa più grossa era che doveva toglierle i pidocchi dai capelli ai bambini. [Questo] per spiegare la vita che hanno fatto. Che erano tutti ammassati, io credo."

R.:"Si, si...Da cosa mi diceva mio padre e mia madre eravamo tutti per terra, stesi per terra a dormire: eravamo una decina. Dieci, quindici, venti - non so - tutti in sti baracconi, tutti insieme."

M.:"Poi mi ricordo che la zia mi diceva che c'erano questi treni e lei aveva lui [si riferisce al marito] in braccio... Perché poi io non lo so, con mia suocera si erano separati, e questa zia aveva lui in braccio... "

15) Mi ha detto che la prima tappa del viaggio è Trieste. Ma posso chiederle di raccontarmelo il viaggio?

R.:"Ah, non lo so...So che mio papà mi aveva detto che era scappato col peschereccio, e non lo so dove è andato a finire, quindi quello non lo so. So che era scappato col peschereccio."

16) Perché quindi siete partiti prima lei sua zia e sua mamma e poi suo padre?

R.:"Si, mio papà è arrivato dopo, perché essendo partigiano, una roba e un'altra... Poi è riuscito a venire via via mare, il resto non so di preciso."

17) Voi siete partiti e cosa siete riusciti a portare via con voi?

R.:"Niente, abbiamo portato via zero. Abbiamo portato via un trasferimento [il documento di trasferimento] di mia mamma che lavorava lì alla Fabbrica Tabacchi che sperando di avere un posto da qualche parte se l'è portato dietro, e poi, fortunatamente, l'ha avuto. E mio papà si portava dietro invece il suo coso, la sua esperienza di pescatore."

18) Posso chiederle quali sono state le motivazioni che hanno spinto i suoi genitori a fere questa scelta?

R.:"Forse per star meglio...Anche per paura, perché sotto il regime di Tito non è che si stava bene, a sentir loro... Perché era un dittatore, pretendeva troppo dalla gente. Cioè, han cercato di vivere meglio, diciamo. Tutto lì."

19) Allora, arrivati in Italia siete andati a Trieste. Poi cosa succede?

R.:"Poi siam partiti e siamo andati a Civitavecchia, lì vicino al mare, sempre perché mio padre potesse andare a lavorare in mare. La faccenda era tutta lì. Nell'attesa che mia mamma avesse un trasferimento in sta Fabbrica Tabacchi, praticamente. Ma lì siamo stati pochissimo, proprio poco, poco, poco. Da lì siamo andati a Vibo Valenzia, sempre sul mare. Lì siam stati poco anche lì. Poi da lì siamo andati a finire a Cava dei Tirreni, che nel frattempo era arrivato il trasferimento di mia mamma che poteva andare a lavorare in Fabbrica Tabacchi di Cava dei Tirreni. Manifattura Tabacchi la chiamavano: facevano le sigarette e i sigari allora. E allora da lì siamo andati a finire a Cava dei Tirreni e siam rimasti lì, era sempre nel '47. Diciassette anni siam rimasti lì: diciassette anni a Cava dei Tirreni. E lì mia mamma è andata a lavorare in Fabbrica Tabacchi, e mio papà andava a fare il pescatore a Salerno, a piedi, perché soldi non c'e n'erano e andava a piedi. Eh, si cominciava a tirare avanti, ma la fame era sempre tanta!"

20) A Civitavcchia e a Vibo dove siete stati, in campo profughi?
R.:"Ah, secondo me si, mia madre diceva di si. Non so, adesso chiedo anche lei, c'erano lì i campi profughi?"

21) E a Cava dei Tirreni?

R.:"A Cava dei Tirreni siamo andai lì e abbiamo trovato una casetta. Siamo andati in un paesino sopra ala Castello che si chiamava Annunziata, fuori, proprio sopra Cava dei Tirreni, e siamo stati tanti anni lì. Mia mamma andava a lavorare a piedi, mio papà andava a Salerno a pescare, a piedi."

22) Se io le chiedessi dei campi profughi, si ricorda qualcosa, non so ad esempio che le raccontava sua mamma?

R.:"Mia mamma raccontava poco, pochissimo. Non abbiamo mai parlato profondamente, probabilmente voleva rimuovere, non ne parlava volentieri."

23) Voi siete partiti, ma dei suoi parenti qualcuno è rimasto a Rovigno?

R.:"Si, dei parenti son rimasti. Cioè, siam venuti solo via noi, però tanti parenti quando siamo andati in ferie - una roba e l'altra- li abbiam trovati. Una zia di mio papà anche è morta, quindi...Non lo so perché son rimasti, forse per paura, per tante altre cose, non lo so."

24) E com'era il rapporto con le persone che son rimaste?

R.:"Si, buono. Difatti - adesso che mi ricordo -, quando eravamo all'Annunziata a Cava dei Tirreni è arrivata la mamma di mio papà, si chiamava Maria. E' stata con noi diverso tempo: mia nonna è rimasta a Rovigno, però è venuta. Io penso anche che chi magari aveva i bimbi piccoli è rimasto lì, probabilmente si."

25) Lei è stato a Cava dei Tirreni, cosa si ricorda di quegli anni?

R.:"Eh, son cresciuto lì, puoi capire! Diciamo che siamo andati ad abitare lì, in una casetta in affitto. Ma anche lì che c'era ancora la mia zia Lina di Grado e mio zio Nino di Grado che poi mio zio Nino ha optato di andare via e son andati a finire poi a Grado. Che mio zio non è rimasto a Cava dei Tirreni, ha scelto di tornare indietro ed è finito poi a Grado. Poi mia zia, che erano sposi, lo ha poi seguito a Grado, quindi adesso mia zia è a Grado e mio zio è a Grado. Cioè, adesso mio zio è morto. Noi siamo rimasti lì e poi siamo riusciti ad andare verso la città, che Cava dei Tirreni la chiamano la piccola Svizzera... Siamo andati a finire in un paese che poi mia sorella ha conosciuto Franco e lo chiamavano i Paesani sto paesino. E lì siam rimasti tanto perché sotto casa mia c'erano le scuole elementari e quindi all'età di sei anni ero in sta borgata, e ho fatto tutte le scuole elementari lì, dalla prima alla quinta. Proprio sotto casa l'avevo: scendevo le scale e avevo la scuola elementare sotto. E poi da lì, un po' più avanti, ho fatto le medie, le scuole medie e mia mamma lavorava sempre in Fabbrica Tabacchi e mio papà faceva sempre il pescatore. Poi a Salerno, essendo profugo giuliano, è riuscito tra una balla e l'altra ad entrare all'Ufficio Imposte come usciere, con la quinta elementare. Però, la precedenza era la nostra, e allora abbiamo incominciato ad ingranare un pochettino: io ho fatto le scuole medie, mia mamma continuava a lavorare sempre lì e poi mia sorella conoscendo sto ragazzo si è sposata. Poi abbiam cambiato di nuovo casa e siamo andati a finire ai Preggiati che era molto più vicino alla Fabbrica Tabacchi nuova che avevan fatto a Cava dei Tirreni che costeggia l'autostrada, la Salerno - Reggio Calabria. Adesso non so se esiste ancora... E bon via, mia sorella si è sposata, poi abbiamo avuto il primo terremoto dell'Irpinia, lo abbiamo sopportato anche noi dormendo una settimana fuori, con i piedi di fuori, può capire! E io frequentavo l'oratorio dei Francescani lì a Cava dei Tirreni e ogni tanto andavo a pescare a Salerno. Comunque poi, alla lunga, è andata così: io sono andato a fare a Salerno l'Istituto Professionale Francesco Trani - me lo ricordo ancora - e facevo anche io la spola, andavo a piedi a Salerno. Poi, nel frattempo, mio papà ha avuto il trasferimento qui ad Asti, perché si era sposata mia sorella. Mia sorella è venuta su con sto ragazzo e diceva: venite su, venite su, venite su e nel frattempo ha fatto la spola a mio papà che l'han trasferito qui, in piazza Statuto ad Asti che c'era l'Ufficio Imposte. E mia mamma continuava a lavorare sempre a Cava dei Tirreni. Poi mia mamma, gira e rigira, tramite mio papà, è riuscita ad avere il trasferimento [in Manifattura Tabacchi] a Regio Parco, qui a Torino ed è andata a lavorare lì. E praticamente io l'ultimo anno di professionale a scuola l'ho finito da solo a Cava dei Tirreni, tramite una famiglia che son stato sei mesi da solo e poi mi son trasferito anche io nel 1964. Che mia mamma è arrivata nel '63 e mio papà un anno prima. E io son stato sei mesi da solo giù là, che facevo il terzo anno e allora, cambiare scuola... Son stato là tramite una famiglia e poi son venuto qui. E da allora non son mai più andato a Cava dei Tirreni. Cosa sbagliata, perché dovrei andare, la mia vita, praticamente è stata lì."

26) Parlando della sua vita a Cava, posso chiederle se si ricorda dell'accoglienza che vi hanno riservato?

R.:"Ma, le dico che siamo stati accolti bene. All'inizio qualcuno...sa com'è, sa i meridionali come sono, ti guardavano sempre un po' in cagnesco perché eri profugo. Poi invece, lavorando, siamo stati accolti bene e ci han trattato benissimo. Perché io mi ricordo benissimo che tanta gente, allora, nei negozi faceva il librettino per andare a comprare, e pagavi un tanto al mese, lo ricordo benissimo quello. E ti facevano tutti credito, perché mia mamma era statale, c'è anche quell'inghippo lì. Quindi sapevano che lo stipendio ogni quindicina - perché pagavano ogni quindici giorni e mia mamma la chiamava la quindicina - cioè, sapevi che ogni quindici giorni avevi il tuo acconto, i tuoi soldi li avevi. Alimentari, pane, macellaio e tutta via di seguito."

27) Quindi possiamo dire che siete stati accolti bene...

R.:"No, no, assolutamente. Difatti adesso ho anche degli amici che ci telefoniamo - specialmente un amico d'infanzia- e no, no, assolutamente, siamo stati accolti bene. Questo non posso dire che non è vero. A Cava dei Tirreni siamo stati bene, siamo stati accolti bene e ben visti. Questo posso dirlo."

28) E negli altri posti?

R.:"Eh, siamo venuti qui ad Asti!"

29) Ecco, mi dica...

R.:"Guardi io sono venuto qui ad Asti che mio papà e mia mamma lavoravano. Son venuto qui, ho finito le scuole, ho trovato lavoro subito anche io e quindi è stato tutto un tram tram, cioè mi sono trovato bene anche qui, non posso dire."

M.:"Qui ad Asti, praticamente, arrivava dal Meridione, anche se lui specificava sempre che era profugo."

R.:"Si ve beh, non eri proprio profugo..."

30) Cioè, mi faccia capire, lei qui era visto come una persona arrivata dal sud?

R.:"Un napuli, ero un napuli!"
31) E questo cosa voleva dire?

R.:"Eh, significa che sei un terun! Sei mal visto, sembra che gli porti via la roba dalla bocca alla gente. Cosa che non è vero, anzi bisogna ringraziare Dio che son venuti su anche i napuli qui. No, perché poi oltretutto quando siamo venuti quassù lo sapevano tutti che eravamo dei profughi giuliani, quindi anche io nelle scuole che avevo fatto laggiù avevo le tasse non pagate - io son sempre stato esentato dalla tessa scolastiche, sempre- , questo non pagato, cioè, ci han preso anche come gente che eravamo dei privilegiati e difatti io sono entrato in Way-Assauto anche tramite quello. Sono entrato per quello e poi anche tramite mio papà che lavorava all'Ufficio Imposte e che conosceva Griffa e ho avuto delle agevolazioni."

32) E come ha fatto a integrarsi?

R.:"Ma, io mi sono integrato perché combinazione tramite questo mio cognato - il marito di mia sorella- ho subito trovato lavoro; son venuto ad Asti e ho subito trovato lavoro nell'officina che lavorava lui, che anche lui era meridionale ma era già tanto tempo che era qui lui. Comunque diciamo che mi sono trovato bene, poi mi sono integrato e la gente mi voleva bene."

33) E arrivare da Cava dei Tirreni ad Asti le avrà fatto un certo effetto, anche visivo...

R.:"Ma, certamente si. Io dico la sincera verità: io piuttosto che venire ad Asti - e adesso sto bene, c'ho due figli una roba e un'altra - io se avessi potuto [scegliere] avrei scelto Trieste. Perché mi tirava più verso il mio paese: il mare. Mi tirava più andare verso Trieste, magari sa, con una macchina si va Rovigno; cioè avevo, sinceramente, quella tendenza di Trieste."

34) Perché, ad esempio, a lei il mare manca?

R.:"Si, mi manca da matti! A me il mare mi sta nel cuore, dico la sincera verità. Ho passato poi la mia infanzia a Grado io neh! Con mio zio e con mia zia, durante le vacanze. Io andavo tre mesi: allora, se si ricorda, a fine giugno si finivano le scuole e il primo ottobre si iniziava, e io facevo giugno, luglio, agosto e settembre e il primo ottobre andavo a scuola. Da Cava dei Tirreni andavo da solo, a otto anni. Andavo da solo: Cava dei Tirreni-Grado. Che c'era ancora il treno [che faceva] ciuf,ciuf, ciuf, la locomotiva. E mia madre mi ricordo benissimo che mi diceva - perché il treno faceva Reggio Calabria - Roma - quando vai a Roma ricordati sempre, guarda quello là che ha il cappello rosso in testa. E poi [il treno] faceva Roma- Lubiana, mi ricordo benissimo. E [mia mamma] mi diceva: quando sei a Cervignano scendi, perché da Cervignano del Friuli a Grado non c'era il treno, c'era il pullman e c'è ancora adesso. E io dall'età di otto anni fino a tredici anni, la mia infanzia nel periodo delle vacanze sempre a Grado con mia zia e mio zio a pescare. E il viaggio di nozze anche, lei a casa e io a pescare, di notte. Ma pescavamo come dei professionisti, non con il patentino come vado adesso qua io che vado a fare le gare di pesca, una roba e l'altra."

35) E suo zio stava dunque a Grado...

R.:"Si, lui è venuto con noi da Rovigno, poi è venuto a Cava dei Tirreni ma è stato pochissimo, si è trasferito subito a Grado. Anche lui era pescatore, la sua professione era pescatore."

36) Torniamo un attimo all'accoglienza ricevuta ad Asti. I suoi genitori le hanno mai raccontato di episodi di discriminazione nei loro confronti?

R.:"No, e sa perchè? Perché poi noi siamo riusciti ad avere le case popolari qui alla Torretta, e la maggioranza erano tutti meridionali e probabilmente noi arrivando lì con gli altri meridionali, con i siciliani una cosa e l'altra ci siamo integrati bene."

37) Quindi qui hanno costruito delle case per profughi?

R.:"Sono case popolari, quelle lì che prendevi a riscatto. Le hanno fatte al quartiere Torretta e le prime case popolari che han fatto le han fatte lì. Però la maggioranza, ancora adesso, sono tutti meridionali, siciliani e calabresi. Quindi, probabilmente, stando lì insieme a questa gente qui ci siamo integrati bene."

38) E quella casa lì l'avete avuta in quanto profughi?

R.:"Si mia papà l'ha avuta in quanto profugo, però a riscatto, eh!"

39) Posso chiederle in che anno?

R.:"Nel '66-'67, quando ho iniziato io a lavorare in Way Assauto."

40) Ecco, li come ha fatto a trovare lavoro?

R.:"In Waya? Facendo delle domande... Poi, ripeto, mio papà lavorando all'Ufficio Imposte, c'era sti qui che guardano i contributi, fanno i 730 e i 740 e c'era uno che conosceva i Griffa, che i Griffa, allora, erano i padroni della Way Assauto e, tramite loro... A parte che poi io mi ero rotto dove lavoravo prima perché pagava poco. E mio papà mi diceva sempre: se vuoi andare in Way Assauto devi solo dirmelo, io ti faccio entrare subito. Allora mi sono stufato e un giorno ho detto: papà, fammi la domanda. Dopo tre mesi sono entrato, e da lì ho fatto trentacinque anni di Way Assauto, non sono mai più andato in altri posti. Io sono entrato il 9 settembre del '66, me lo ricordo come adesso."

41) E che effetto le ha fatto passare da un'officina alla grande fabbrica?

R.:"Ma, guardi, le dico la sincera verità. Mi ha fatto un po' di effetto - anche se io ero fresco di scuola- , ma non mi ha fatto niente, anche perché ho avuto subito un lavoro qualificante - cioè non è che mi han messo la carretta e tiri - , mi han subito messo in controllo qualità, e quindi son rimasto lì: trentacinque anni di controllo qualità. Che adesso lo chiamano controllo qualità, ma una volta era collaudo RIV. Collaudo RIV dicevano, e quindi, praticamente, non ho mai lavorato a cottimo - diciamo la sincera verità - , ho sempre guardato la qualità."

42) Le chiedo ancora due cose: ho notato che molti suoi corregionali mantengono una memoria molto viva del passato. Lei ha trasmesso qualcosa anche ai suoi figli di queste vicende oppure no?

R.:" Ma, ogni tanto ne parliamo, ma poco, poco."

M.:"Ma, guardi, non s'è n'è mai parlato tanto di queste cose, neanche mia suocera. Cioè, non è che ne parlavano proprio da raccontare, io non me lo ricordo. Anche perché noi sono quarant'anni che ci conosciamo, quindi..."

R.:"Ah, mi son dimenticato ancora di dirle una cosa, che mio papà ha fatto il marinaio, sempre lì a Salerno, e si è imbarcato su una carretta del mare che portava legna e che faceva Salerno Napoli e faceva il cuoco. Poi da lì ha avuto un imbarco molto più interessante: lui era timoniere e si è imbarcato sul Navone, una nave bella grossa che trasportava legna e andava in Canada. Io mi ricordo che mio papà è andato via sei mesi: sei mesi è andato in Canada e il canale di Canada l'ha fatto con quei lì che vanno su e giù a caricare la legna. Poi sempre con lo stesso armatore è andato sul Telemaco, che facevano Genova-Inghilterra - andavano su Liverpool - e mio papà era imbarcato come timoniere. E poi da allora ha avuto la fortuna di andare all'Ufficio Imposte."

43) E come ha fatto?

R.:"Eh, un po' di domande come profugo giuliano, un po' di conoscenze e non ci ha pensato su due volte, schersuma n'en, per la carità. Eh, mi ricordo sul Telemaco, che quando stava qua andavamo a Genova a trovarlo una settimana. Eh, quando mio papà navigava e mia mamma [lavorava] lì, si stava già bene. Poi mio papà, con la quinta elementare che aveva è riuscito ad andare all'Ufficio Imposte... Insomma, statale, una roba e un'altra, diciamo che nella tragedia è andata bene. Mia madre poi anche è andata in pensione giovane, che tutte le mattine partiva e tornava la sera alle cinque. Faceva avanti e indietro; mi ricordo che abitavamo in via Omedè e si vedeva la stazione e noi andavamo a vedere: arriva la mamma, e noi le andavamo incontro."

44) Lei torna spesso a Rovigno?

R.:"Si vado in ferie. Ma adesso Rovigno non si riconosce più. La parte vecchia è bellissima, a parte che adesso entri e vedi tutte ste case ste casette e sti casettoni. Io sono andato due anni fa, e poi sono andato prima. Tre anni fa io e mia zia siamo andati a Rovigno, e quando sono entrato in Rovigno [ho visto] tutti sti palazzi che han fatto adesso e ho detto: ma dov'è qua?! Invece una volta arrivavi in Rovigno e la prima cosa che vedevi era il campanile, [mentre] adess'l campanil 't lu vedi n'en."

45) Lei ha nostalgia di Rovigno?

R.:"Si, si. Eh, diaul! E' per quello che le dicevo che mi piaceva andare a Trieste. A parte che io sono andato in ferie dopo che ci siamo sposati, ma io sono andato anche prima con mio padre e mia madre. Che mio padre aveva la barchetta lì e andava a pescare...C'era ancora Tito quando sono andato giù io, che aveva l'isola di Brioni. I primi tempi che sono andato giù con mio padre e mia madre c'era ancora Tito, l'isola di Brioni."

46) E cosa ricorda?

R.:"Beh, la frontiera...andando su fiscali - adesso non ti guardano neanche - e tornando indietro si, paura, perché avevi la roba - prosciutto, grappa - che non potevi portarla. Difatti ci han fermato una volta ma è andata bene, bom chiuso. Erano severi, già allora erano severi. E poi diciamo che c'era già allora il croato che parlava croato, e l'italiano lo guardavano, ma non benissimo. Difatti anche come cambio di Lire erano restii a cambiare e allora noi andavamo in periodo di ferie, ci trovavamo con la famiglia e facevamo i canti, si cantava. Ma capitava una volta all'anno."
10/03/2008;


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Miletto Enrico 11/05/2009
Pischedda Carlo 13/05/2009
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Come citare questa fonte. Intervista a Giuseppe S.  in Archivio Istoreto, fondo Miletto Enrico [IT-C00-FD9367]
Ultimo aggiornamento: mercoledì 30/1/2019