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CARTACEO: "Selvaggia aggressione contro il vescovo di Trieste", «Gazzetta d'Asti», 27 giugno 1947

Posizione nella struttura d'archivio

C00/00352/03/00/00002/000/0002
"Selvaggia aggressione contro il vescovo di Trieste", «Gazzetta d'Asti», 27 giugno 1947
Riproduzione dattiloscritta dell'articolo "Selvaggia aggressione contro il vescovo di Trieste" pubblicato in «Gazzetta d'Asti» il 27 giugno 1947.
La città di Trieste ha vibrato di sdegno e di commozione quando, tra il lugubre suono delle campane, si è sparsa la notizia che il suo vescovo, Mons. Santin, era stato bestialmente assalito e malmenato a Capodistria dalla teppaglia jugoslava. Monsignor Santin, accompagnato da due prelati, si era imbarcato per Capodistria dove aveva luogo la festa di San Nazario, nonostante le ripetute minacce.
Già durante la navigazione il vescovo veniva fatto oggetto di provocazioni, ma senza conseguenze in quanto i titini avevano preparato il loro agguato ai posti di blocco sulla via terra.
Soltanto dopo la funzione, quando il corteo si diresse alla volta del seminario, un gran numero di sicari si precipitò sul vescovo percuotendolo selvaggiamente, gettandolo più volte a terra, accanendosi sul presule perfino con lamette di rasoio.
Monsignor Santini veniva quindi ricoverato in seminario; ma quelle belve infuriate penetravano nell'atrio dell'edificio distruggendo e rovinando quanto trovavano sul loro cammino.
Nello scontro un seminarista veniva catturato e fatto scomparire. Notizie non confermate riferiscono che il giovane è stato trucidato. Intanto mentre Santin giaceva dolorante e insanguinato sul pavimento, gli aggressori improvvisavano una selvaggia sarabanda ballando il kolo. A questo punto interveniva la polizia.
Capodistria si trova in zona B e quindi sotto occupazione militare jugoslava. Già l'anno scorso in occasione della festa del patrono, il vescovo era stato oggetto di insulti da parte di elementi slavi fatti affluire da fuori. Ma questa volta non si sono trovati facilmente dei gruppi slavi disposti a rinnovare la scena disgustosa, e si è ritenuto più sicuro ricorrere a manganellatori ingaggiati a Trieste, a Monfalcone e altrove.
Le violenze cruenti di cui il Presule fu vittima hanno suscitato lo sdegno non solo della popolazione cattolica, ma anche di tutti i sinceri antifascisti, i quali non possono non ricordare l'atteggiamento di fierezza e di immensa carità che Mons. Santin ha saputo mostrare negli anni del suo episcopato. Tutti ricordano come innumerevoli antifascisti e slavi furono liberati dalla prigionia e salvati mercé il suo energico intervento; che le orribili torture perpetrate dalla polizia fascista in via Bellosguardo contro gli antifascisti cessarono a un certo punto per ,a minaccia, espressa risolutamente da Mons. Santin, di denunciare al mondo queste infamie dal pulpito di san Giusto; che molti villaggi slavi furono salvati dall'incendio e dal saccheggio, per il suo temerario frapporsi tra la popolazione in lacrime e i carri armati tedeschi; che, infine, se Trieste fu salva dalla distruzione dei cannoni e delle mine tedesche, lo si deve all'abnegazione con cui il presule sotto l'infuriare di una sparatoria infernale, avvicinò il comando tedesco e lo indusse a desistere dalla già iniziata opera di distruzione.
Questo è l'uomo e il vescovo contro cui si è scagliata brutalmente una banda di rinnegati che restano italiani, anche se ingaggiati dal partito comunista che - lassù - non si chiama italiano, ma soltanto giuliano.
27/06/1947;


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Miletto Enrico 01/12/2009
Pischedda Carlo 01/12/2009
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Ultimo aggiornamento: mercoledì 30/1/2019